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“SmashAmo la Piazza 21/12/23” l’audio della tavola rotonda

Restituiamo il contenuto audio della tavola rotonda che si è tenuta in piazza Scaravilli a Bologna il 21 Dicembre scorso, su free party e spazio pubblico, con lo scrittore Vanni Santoni, Lab57 (Laboratorio antiproibizionista/RDR Bologna), Movimento Arti Libere Bologna

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10/02/2k24 Giornata Smash Repression @ Csoa Forte Prenestino (Roma)

AO’, SVEJAMOSE!

Non ti accorgi che ogni giorno che passa le nostre libertà e i nostri spazi di espressione vengono limitati sempre di più? La logica del Capitalismo, attraverso la Repressione, continua a stringersi attorno alle nostre vite e alle nostre soggettività non assoggettate alle regole del mercato, andando a colpire chiunque pratichi condotte non conformi al mercato liberale, criminalizzando lotte e ogni forma di dissenso. A più di un anno di distanza dall’entrata in vigore del decreto anti-rave, questo governo Fascista continua ad emanare leggi e decreti restrittivi, come il pacchetto sicurezza e il DDL eco-vandal*.

La loro risposte ai problemi è l’aumento delle pene e della repressione, senza mai affrontare la realtà dei fatti. E mentre lo stato elogia il decoro urbano e la sicurezza pubblica, nel mondo finanzia le guerre e volta le spalle al genocidio del popolo palestinese. Contro tutto questo è nato Smash Repression, una rete nazionale anti repressiva che mette assieme collettiv*, crew, spazi sociali, occupazioni e singol*. Ogni territorio ha lottato con pratiche differenti, quali street parade, TAZ e altre forme di protesta. Il 10 Febbraio dalle 15 ci vediamo a Roma nel centro sociale occupato autogestito Forte Prenestino per approfondire temi attraverso chiacchiere pubbliche, il ballare e il lottare insieme.

Invitiamo tutte le realtà militanti e singol* a partecipare ai tavoli tematici per parlare di:

– Riduzione del rischio, violenza di genere, inclusività e decostruzione dell’abilismo tramite pratiche condivise: La cura de* prossim* e l’inclusività sono elementi fondamentali in momenti autogestiti e di dissenso. Gli spazi safer li facciamo noi, con le nostre pratiche, senza lasciare nessun* indientro. Troppo spesso vediamo anche dentro i movimenti atteggiamenti violenti. Parliamone e agiamo!

Repressione, decreto anti-rave e pacchetti sicurezza: Siamo convint* della trasversalità delle lotte, la repressione ha spesso la stessa faccia. Troviamo metodi per difenderci insieme dai decreti restrittivi, Organizziamoci per resistere e cospirare insieme.

– Media e contro-informazione: La prima repressione che subiamo è quella della narrazione falsata che i media agiscono contro il dissenso e contro le minoranze. Vogliamo agire creando mezzi di informazione alternativi. Discutiamo delle alternative ai grandi media e ad un utilizzo corretto dei social e degli strumenti video in momenti di lotta e di massa. Il ricavato della giornata andrà a finanziare le prossime azioni ed iniziative di Smash Repression

Giro di vite, dall’anti-rave alla demonizzazione degli stupefacenti alla guida come dispositivi di controllo e irregimentazione

Appunti d’autunno 2023, ancor validi…

Con l’avvento del Governo Meloni e accoliti a Palazzo Chigi abbiamo “assistito” come primo show reazionario alla triste e becera iper-spettacolarizzazione del “Whichtek” a Modena, che ha fatto da apripista all’introduzione del disegno di legge “Anti-Rave”; questo, dopo qualche ritocco e qualche malumore sull’incostituzionalità del pacchetto, è poi divenuto legge a fine 2022. Il target, che inizialmente pareva colpire qualsiasi forma di raduno non autorizzato per questioni di “sicurezza pubblica”, è quantomai evidente: la demonizzazione dell’alterità e della non subalternità di forme di espressione non conformi alle direttive del potere, sia statale che locale, e non mercificabili. Nondimeno, quando si parla di contesti come i “rave” e i “freeparty”, l’accento sulla pubblica “sicurezza” e sul pubblico “decoro” cade sovente sulla libertà di circolazione e di uso di sostanze illecite, dinamiche pertanto soggette a sanzioni, perseguibili e punibili.

Il grado di perseguibilità che lo Stato nelle sue forme di rappresentanza applica di volta in volta discende non tanto dalla nocività presunta del consumo e delle sue forme di distribuzione, quanto dal contesto socio-culturale e dalle forme di consenso che vengono plasmate dalla e per la sfera pubblica.

Ci siamo trovati dopo il rave di Ferragosto del 2021 di Valentano a una spaventosa distorsione mediatica, come descrive benissimo il fumetto di Van San Nalsc, di demonizzazione a 360° a cui sono succedute diverse misure atte a serrare le fila della repressione contro questi raduni, con tanto di annunciazioni a mezzo stampa su “coordinamenti interforze anti-rave” tra prefetti e questure regionali, interventi polizieschi (Toscana, Sicilia, Emilia-Romagna, Salento e via discorrendo), migliaia di fogli di via  comminati in occasione di diverse feste, minacce di applicazione di dispositivi come la sorveglianza speciale ad alcuni membri di crew che han portato avanti la pratica della riappropriazione di spazi dismessi da ormai generazioni.

 

 

 

Nondimeno, da due anni, l’accanimento della stampa non solo destrorsa ha portato a inflazionare il termine “rave” a tutte quelle forme di diversione giovanile riducibili a problema, o presunto tale, di ordine pubblico: così nel processo vorticoso che instilla una percezione differente dal significato terminologico antecedentemente datosi, è divenuto rave il bivaccare in un parco quanto ascoltare musica dal telefonino nelle piazze bevendo due birre, finanche a karaoke non autorizzati nei locali.

È attraverso questo humus allarmista (o meglio, una brodaglia) che si è arrivati al decreto anti-rave. E’ importante collocare bene questo avvenimento all’interno della digressione culturale e del restringimento progressivo delle libertà di espressione e di manifestazione all’interno del paese e più in generale nella Fortezza Europa: solo tra dieci e quindici anni fa le piazze dei principali centri urbani erano spazi fruibili alla sosta e all’interscambio tra persone senza limitazioni orarie, ora sono quasi attraversate costantemente più da pattuglie – non di rado da militari – che da persone, per dare una idea. In questo contesto il decreto anti-rave, che demonizza una modalità di incontro ed espressione già di per sé illegale e anti-autoritaria, è la cristallizzazione del termometro sociale riguardo a forme spontanee di alteritá e insubordinazione cosciente, frutto di un processo ultra-decennale.

L’ alteritá passa, indubbiamente, anche dalla libertà di assunzione e di sperimentazione individuale e in forma collettiva di sostanze, la cui illegalità è dettata non solo dall’inasprimento delle pene e dall’intensificazione della mano poliziesca, quanto e in misura abbastanza rilevante dall’installazione del clima fobico e della percezione di pericolosità per l’individuo proprietario nei territori in cui vive.

 

 

Non è forse questo il medesimo meccanismo delatorio visto anche durante le restrizioni del Covid, che ora si traduce nelle app di vicinato e nelle continue segnalazioni di giovani che spendono la loro.. giovanilità (passateci il termine) privati degli ultimi spazi ‘pubblici’ rimasti, comunque già ristretti e soffocati? Ecco qui che il ‘rave’, il suo anticonformismo e il suo divenire spazio pubblico temporaneo attraverso modalità di de-privatizzazione, diviene un mostro. Le tecniche di repressione e controllo a queste forme determinano anche il grado di irregimentazione sociale, e di affinamento di dispositivi securitari estensibili e adattabili. E fanno sponda sulla extra-mediatizzazione di fenomeni complessi e contraddittori quali quelli dello spaccio e del consumo. Non a caso si è visto, con l’insediamento di Meloni-Piantedosi una propaganda sempre più serrata contro le micro-criminalità, con controlli a tappeto nei quartieri a maggiore impatto dei principali centri-urbani; in questa modalità convivono sia l’irregimentazione psico-sociale del “cittadino”, che deve sentire la presenza poliziesca che lo circonda, e avvalersi di essa per il SUO “bene”, e il tracciamento delle persone che sfuggono alle logiche di mercato convenzionali, a partire da quello del lavoro e del consumo normato.

Questa volontà non velata di implementazione stringente del ruolo della Polizia nella vivibilità delle persone è oltremodo confermata dall’inasprimento sollecitato nel nuovo Codice della Strada proposto dall’attuale ministro delle Infrastrutture. Se gli aspetti sanzionatori sono il cuore di tale disegno, non si può non notare quanto ci si soffermi in particolare sulla demonizzazione e criminalizzazione ulteriore di chi verrebbe trovato alla guida sotto sostanze stupefacenti. Un asset proibizionista tout court cavalcato in pompa magna da Salvini in persona, che si innesta sul solco della “guerra agli indisciplinati”, e che sposta il focus mediatico più sulla presunzione di pericolosità di una persona sotto effetto di droghe che su altre dinamiche come gli stupri e gli incidenti dettati da alcol, per dirne due..

Lo si nota accendendo il TG nazionale, dove per settimane la propaganda proib. sta facendo doppia leva sulle dichiarazioni di Salvini da un lato, e dalle “incredibili” operazioni delle FdO con retate anti-spaccio, inflazionando anche qui lo spazio e il tempo di consumo delle notizie a prescindere dall’importanza effettiva che esse potrebbero avere in TG nazionali o regionali..

Riprendendo le puntuali osservazioni di fuoriluogo.it:

“Salvini vuole introdurre una presunzione di colpevolezza dei consumatori di sostanze, in un tentativo surrettizio di inasprimento della già severissima normativa sulle droghe.Tanta enfasi non trova giustificazione nei numeri, né tanto meno in un vuoto normativo. L’art. 187 del Cds prevede già l’arresto fino ad un anno, l’ammenda fino a 6000 euro e la sospensione della patente, ed il Codice penale considera le aggravanti nel caso di omicidio stradale. I numeri poi non permettono di annoverare il fenomeno fra le prime cause di incidenti stradali. I dati puntualmente anticipati dal Libro Bianco sono stati confermati dalla relazione del Governo depositata il 19 luglio scorso, e malgrado si sappia che “se torturi i dati abbastanza, alla fine confesseranno quello che vuoi” (D. Huff, 1954), è difficile mascherare in qualche modo il fallimento sociale della normativa sulle droghe. La Relazione al Parlamento riporta infatti che solo nell’1,6% degli incidenti del 2021 è stata rilevata l’alterazione dello stato psico-fisico per uso di stupefacenti di uno dei conducenti. Nella relazione di quest’anno vengono anche buttati lì i dati sulla positività nelle analisi tossicologiche su persone decedute per cause violente. Fra i 780 casi del 2022, 103 fanno riferimento a morti sulle strade. Questi, come sanno bene i tossicologi, non dicono molto sulla effettiva influenza che la sostanza può aver avuto nella dinamica dell’incidente, non solo perché incompleti e parziali (manca il numero totale dei test, e non tutte le vittime vi sono sottoposte), ma soprattutto perché le sostanze psicoattive rimangono presenti nei liquidi biologici per molto tempo dopo aver terminato l’effetto alterante. Non trova poi alcuna giustificazione la presenza dei dati relativi al totale degli omicidi colposi a seguito di incidente stradale, che è un dato generale e non circostanziato all’uso di sostanze.”

Ci sembra importante cercare di inquadrare dunque la discriminazione accentuatasi negli ultimi anni contro il mondo raver  all’interno di un disegno più ampio di limitazione, in un crescendo esponenziale, di libertà di espressione individuale quanto collettiva, ma non solo: il rischio di un ulteriore giro di vite proibizionista volto a creare e sofisticare dispositivi di repressione contro reietti, poveri e categorie già di per se discriminate, a partire da un controllo sempre più capillare delle forme di relazione, movimento e aggregazione nel territorio.. E’ da questa constatazione che si dà, tra altre, la necessità – per affermare e accrescere le potenzialità del movimento free-tekno e dei free-party – di guardare ai territori e di connettersi ancor di più con essi e le forme che li vivono e che in essi lottano.  A riguardo di questo clima di demonizzazione delle alterità nel “bel Paese” segnaliamo l’ingresso del CBD nella tabella delle sostanze stupefacenti, e il relativo ritiro dai negozi appositi, come ulteriore assist all’industria farmaceutica tradizionale?